giovedì 1 dicembre 2011

Human Hunting. Dodicesima Lezione.


IL RUOLO DELLE FANTASIE
Fra i lust killer, ma in quasi tutti gli assassini seriali, fantasticare un’esperienza sadica e brutale con la vittima è un momento comune e centrale.
Il comportamento che l’omicida tiene sulla scena del crimine si modella appunto su tali fantasie, che anticipano l’azione. Ma l’impossibilità che la vittima risponda all’aggressione in modo esattamente prevedibile conduce a una discrepanza fra quanto immaginato e quanto sperimentato nel momento dell’esplosione della violenza.
Non ci potrà mai essere piena corrispondenza fra aspettativa e realtà, e sarà proprio questo a fornire il carburante per le nuove fantasie. 


Nei serial killer violenza e sesso sono asserviti a un piacere maggiore: il totale controllo della vittima. 
E’ durante l’aggressione, la degradazione, la tortura, che le fantasie legate all’originario trauma infantile trovano spazio e si traducono in atti di violenza.


Possono trascorrere anche 10 o 20 anni fra gli eventi traumatici e il comportamento omicidiario, periodo durante il quale il killer si è totalmente dissociato dal trauma, lo ha rimosso e confinato al di fuori dell’area di consapevolezza. 
La dissociazione ha permesso all’omicida di mantenere un sufficiente controllo della realtà e un accettabile inserimento nel mondo sociale. Ma quando interviene un fattore scatenante, un trauma che anche simbolicamente riconduce al passato, un’umiliazione, un abbandono, la drammaticità dell’esperienza infantile riprende il sopravvento, minaccia di annientare.
E’ necessario fronteggiare l’angoscia, il panico, l’insopportabile sensazione di completa vulnerabilità: occorre riprendere il controllo per ristabilire una continuità. Uccidere diviene un mezzo per dominare paure inesprimibili.
Il primo delitto può non essere pienamente progettato e costruito con precisione: l’assassino è maldestro, forse la morte della vittima non è nemmeno ricercata consapevolmente. La sensazione di onnipotenza, tuttavia, è inesprimibile e non è più possibile rinunciarvi.


DALLA FANTASIA ALL’OMICIDIO
Joel Norris, psicologo statunitense, è stato il primo ad identificare e descrivere il comportamento dei serial killer come scandito da un andamento ciclico, secondo il succedersi di fasi ben distinte e fortemente intrecciate: 


• Fase aurorale: il killer si ritrae gradualmente dalla realtà, se ne distacca, elaborando fantasie sempre più precise e articolate, che lo spingono all’azione.


• Fase di puntamento: l’assassino è alla caccia della sua preda, su un terreno che studia con attenzione.  Concentrato, determinato, si è trasformato in un predatore letale.


• Fase della seduzione: avviene l’approccio con la vittima, che viene prima sedotta, poi ingannata e sopraffatta.


• Fase della cattura: la vittima è totalmente controllata dal suo aggressore, la fantasia può trovare la sua rappresentazione.


• Fase omicidiaria: l’omicidio avviene con modalità fortemente simboliche, rimandando a situazioni di grande impatto vissute nell’infanzia. Costituisce nello stesso tempo uno scarico emotivo e sessuale.


• Fase totemica: il serial killer cerca di protrarre il più a lungo possibile il piacere derivato dall’uccidere. Ecco quindi il fotografare, lo smembrare, gli atti cannibalici, l’impossessarsi di parti del corpo o oggetti della vittima come trofei. 


• Fase depressiva: subentra non appena l’illusione svanisce, il piacere viene meno e l’assassino realizza che nulla è cambiato nella sua vita. L’onnipotenza assaporata nel disporre della vita e della morte della vittima ha ceduto il passo alla sua profonda inadeguatezza, all’impossibilità di colmare l’abisso della propria solitudine.
Il ciclo è completo.


Nell’ultima fase, in qualche caso, può avvenire che l’assassino cerchi di agevolare la propria identificazione e la cattura, aggiungendo a volte persino alla confessione. 


LA FASE TOTEMICA: TROFEI E SOUVENIR
L’ FBI distingue i trofei dai souvenir: i primi sarebbero raccolti dagli assassini organizzati per ricordare il proprio successo nella caccia, i secondi, più tipici dei killer disorganizzati, rappresenterebbero il fulcro delle loro fantasie malate, catalizzatori di nuovi progetti di distruzione. Nel caso di omicidi a sfondo sadico-sessuale, il trofeo può puoi essere rappresentato da una parte del corpo della vittima.
    
    • La storia di Jerome Henry Brudos.

L'appuntamento è per domani, venerdì 2 dicembre, quando tratteremo il tema dell'ossessione religiosa.

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