lunedì 28 novembre 2011

Human Hunting. Nona Lezione..


I serial killer costituiscono una categoria di criminali così crudeli e letali, che è scontato chiedersi se, oltre ad evidenti disturbi psicologici, non soffrano anche di disturbi fisiologici. Viene da chiedersi, insomma, se il loro cervello sia effettivamente uguale a quello di tutte le altre persone. 
Quando questo interrogativo è stato posto dagli studiosi del fenomeno, è stato messo su un vero studio per accertare eventuali differenze. Così, diversi esami vennero effettuati sul cervello dei vari serial killer.


Alterazioni o danni in alcune zone dell’encefalo sono stati posti in correlazione con un aumento dei comportamenti violenti. Chiamati in causa sono soprattutto i lobi frontali e temporali e le loro connessioni con le altre aree cerebrali. Quanto più precoce è il danno tanto maggiore è il rischio di condotte aggressive.
Le alterazioni neurologiche possono inoltre produrre una maggiore suscettibilità agli effetti di alcool e droghe. Quando poi il danno cerebrale comporta un difetto di intelligenza nel soggetto, ecco aumentare il rischio di una marginalizzazione sociale, di un’adesione a contesti sub culturali dove la violenza rappresenta la modalità primitiva e privilegiata di comunicazione. 
Le ricerche sulla biochimica della violenza si sono concentrate su due principali categorie di sostanze: i neurotrasmettitori e gli ormoni. 
Tra i neurotrasmettitori la serotonina sembra avere un ruolo di primo piano nella regolazione della violenza: bassi valori di serotonina sono stati infatti associati a comportamenti aggressivi, soprattutto di tipo impulsivo. Anche la dopamina viene spesso chiamata in causa, così come, negli studi più recenti, si è puntata l’attenzione sull’ossido di azoto. 


Da alcuni decenni, invece, le ricerche su ruolo degli ormoni vedono il testosterone come principale imputato nell’aggressività, insieme ad estrogeni, prolattina, cortisolo.
Ancor più recente è lo studio del DNA culminato con il “Progetto Genoma”.
Gli studi classici sull’assetto cromosomico in soggetti con tendenza alla violenza e ai comportamenti antisociali si sono concentrati sulla presenza di un cromosomo soprannumerario ( 47 XXY oppure 47 XYY ).
Due tuttavia sono le obbiezioni che vengono mosse a questi lavori: la prima riguarda il numero esiguo di soggetti affetti dall’alterazione, se confrontato con l’incidenza dei crimini; la seconda evidenzia come la particolare concentrazione di individui con un cromosoma soprannumerario tra la popolazione carceraria detenuta per reati violenti, potrebbe dipendere dal difetto di intelligenza che l’anomalia trascina, con la conseguente minor capacità di operare scelte di vita più economiche.


Inoltre, di recente, è emerso un dato di fatto sconcertante: molti serial killer hanno subito lesioni alla testa di una certa gravità nell'età infantile. 
Da Arthur Shawcross a Leonard Nelson, da Bobby Joe Long a John Wayne Gacy, la lista si potrebbe allungare ancora di molto.


Questi esempi hanno convinto alcuni ricercatori, che il danno cerebrale possa essere un fattore determinante nella formazione del futuro serial killer. Tuttavia questo fattore da solo non è sufficiente a fornire la spiegazione ultima dell'omicidio seriale.
    
    • La storia di Robert Joe Long
    • La storia di Arthur Swacross


Nella prossima lezione analizzeremo "l'odio per la figura materna", e quanto questo fattore sia incisivo nella nascita del futuro assassino seriale.

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